Dare più forza ai genitori nella scuola

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La vicenda di W l’Amore e dei genitori di Bologna che insieme agli insegnanti dei loro figli si mobilitano per denunciare e respingere progetti didattici critici, e le tante vicende analoghe degli ultimi mesi, ci costringono ad affrontare un’importantissima questione.

Di fronte alla rapida diffusione di iniziative educative ispirate ad una “educazione sessuale” infondata e pericolosa e a quella che si potrebbe definire “cultura di genere” – la quale esprime in mille sfaccettature un particolarissimo modo di interpretare la sessualità e l’identità sessuale – siamo oggi richiamati come genitori, ad esercitare la nostra primaria responsabilità educativa. In generale dobbiamo proporci di fare della problematica “educazione di genere” la leva per richiamare i genitori ad una rinnovata e più globale presenza nell’educazione. Pericoloso è il gender ma pericolose sono anche altre innumerevoli visioni ideologiche che la scuola pubblica ha nel tempo ammesso all’ interno del suo modo di trattare molteplici argomenti o intere discipline. In particolare, in materia di sessualità ed affettività, è assolutamente necessario riconoscere la dipendenza di tali delicate dimensioni della personalità, da variabili culturali, antropologiche e religiose proprie del contesto familiare dei giovani. Ne deriva per conseguenza che oggi i genitori devono definitivamente rinunciare alla delega in bianco nei confronti della scuola e riprendere in mano le proprie responsabilità, con quella sensibilità e facilità che viene loro dal proprio naturale ruolo di educatori e dal rapporto quotidiano con i figli, che si sviluppa nella vita in famiglia. Per contro è necessaria una presenza capillare ed organizzata nella scuola, allo scopo di garantire la correttezza dei messaggi educativi che entrano nelle classi, ricercando la collaborazione con la scuola. Un’ alleanza necessaria innanzitutto per svolgere, come si è ritenuto fino ad ora, una funzione congiunta di filtro e contrasto all’ educazione indiretta che i ragazzi ricevono dai media e dalla società, che in particolare in tema di sessualità ed identità sessuale propongono messaggi sempre più pervasivi e destrutturanti.

Da molte segnalazioni giunte da tutta Italia ad associazioni che si occupano di questi temi, risulta evidente che la cosiddetta “educazione di genere “è critica proprio a causa della sua indeterminatezza, e apre le porte a qualsiasi interpretazione e a fughe in avanti nella progettazione didattica, di cui bambini e ragazzi non possono diventare “cavie da laboratorio”. Nel concreto si è constatato come molti progetti di educazione alla parità tra i sessi o contro le discriminazioni, non combattono solo modelli negativi (la bimba “frivola” o il maschietto “macho”) ma presentano come “stereotipi” da superare anche l’eterosessualità e la famiglia naturale, e promuovono l’equiparazione di ogni orientamento sessuale, proprio nella delicatissima fase della costruzione dell’identità affettiva degli alunni. Questo senza la certezza di fondamenti scientifici comprovati e spesso scavalcando le scelte educative delle famiglie. Una presenza attiva dei genitori ha anche il fine di garantire alla scuola stessa di essere “scuola di tutti”, senza ideologia, per affrontare le discriminazioni al riparo da pericolose mode culturali. La scuola italiana in particolare si contraddistingue da sempre per la sua grande capacità di integrazione, tanto da essere un modello per tutta Europa per quanto concerne l’inclusione dei disabili, secondo un modello di integrazione totale. Anche la presenza di alunni stranieri ha portato ad una seria riflessione su pratiche di accoglienza dell’alterità secondo il paradigma della cosiddetta pedagogia interculturale. Non si vede come la scuola dovrebbe avere problemi ad aprirsi a temi che già da tempo si affrontano. Ma le pratiche dell’accoglienza e del rispetto, il rifiuto di un linguaggio offensivo e atteggiamenti discriminatori sono valide per il cosiddetto bullismo omofobico come per le altre forme di bullismo di cui sinceramente ad oggi sembriamo esserci dimenticati, e soprattutto sono attuabili senza cedere il passo ad assunti ideologici che la scuola pubblica non può in alcun modo ammettere. Non si capisce neanche perché in tema di educazione sessuale, il nostro paese debba accogliere acriticamente modelli educativi propri di culture e tradizioni distanti anni luce dalla nostra e per di più già risultate fallimentari rispetto agli obiettivi dichiarati e dannosi sul piano della formazione umana degli adolescenti. Ricordiamo che “W l’amore” è la traduzione adattata al contesto italiano del Progetto Long Live Love, attivo da 20 anni nei Paesi Bassi, “Stato europeo con il minor numero di interruzione di gravidanza indesiderate in età adolescenziale”, come afferma il Manuale per gli insegnanti nell’introduzione al corso, proposto in quanto modello cui fare riferimento; in realtà, i dati diffusi nella Relazione del Ministero della Salute sulla legge 194 del 15 ottobre 2014, evidenziano l’esatto contrario: nel 2011 in Olanda il ricorso all’aborto tra le minorenni è stato percentualmente 3 volte superiore che in Italia (p. 22 del Documento).Vi assicuriamo che scorrere le immagini e le didascalie del manuale di W l’ amore ogni volta ci turba e ci ferisce: cosa possono pensare dell’ amore i nostri ragazzi se gli viene spacciato per amore la mera genitalità e per di più con volgare crudezza? In concreto che fare? La risposta appare chiara. Oggi servono genitori “competenti” disposti ad impegnarsi, ad esserci. Per il bene di tutti i figli e nipoti della nostra società. La conoscenza è la condizione necessaria per esercitare al meglio i propri diritti e doveri. È fondamentale usare la propria competenza per partecipare ed esercitare il proprio primato educativo in un rapporto efficace con la scuola.

Siamo convinti che genitori informati ed organizzati oggi possano veder pienamente riconosciuto loro quanto affermato dall’ art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo:” I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai propri figli”, diritto stabilito in risposta alla terribile propaganda nazista che aveva fatto proprio della scuola il suo più potente strumento di indottrinamento ideologico. Essere competenti significa anche saper sfruttare al meglio le forme di garanzie che la legge italiana predispone. Con la Circolare Ministeriale n.4321del 6 Luglio scorso il MIUR ha affermato esplicitamente il valore dello strumento del consenso informato preventivo e della “libertà di scelta educativa della famiglia”. Nel testo si legge: “la partecipazione a tutte le attività extracurricolari, anch’esse inserite nel P.O.F., è per sua natura facoltativa e prevede la richiesta del consenso dei genitori per gli studenti minorenni e degli studenti stessi, se maggiorenni che, in caso di non accettazione, possono astenersi dalla frequenza”. Deve essere riconosciuto ribadito che l’educazione affettiva, non essendo “disciplina obbligatoria”, è da considerarsi attività extracurriculare, per cui la scuola è tenuta essa stessa a richiedere il consenso informato, anche qualora queste attività venissero svolte all’ interno dell’orario scolastico. Se ciò non accade, i genitori, possono presentare la richiesta di loro iniziativa, ricercando una corretta modalità comunicativa. Il modulo va protocollato in segreteria.

Questo non ci esime dal porre attenzione ad ogni attività proposta ai nostri figli, dialogare con loro, conoscere i regolamenti scolastici. Leggiamo con attenzione il POF (Piano dell’Offerta Formativa) che descrive le attività proposte dalla scuola, verificando in particolare l’impostazione di progetti di educazione affettiva e sessuale e contro le discriminazioni. Il POF è un documento pubblico ma sintetico: occorre chiedere puntualmente i dettagli dei progetti proposti agli insegnanti e al dirigente e domandare conto delle revisioni annuali di questo documento, che con la nuova legge ha durata triennale. Il PEC (Patto Educativo di Corresponsabilità) invece è un documento che traccia le linee della corresponsabilità educativa di scuola e famiglia. Può costituire a tutti gli effetti un ottimo strumento per sostenere la corresponsabilità educativa con i genitori. Se non viene sottoposto in maniera esplicita, è nostro diritto visionarlo e condividerlo.

Riteniamo che i genitori debbano oggi far leva su alcuni strumenti fondamentali che costituiscono un tris di carte formidabile per giocare il proprio ruolo nel rapporto con la scuola:

  • Utilizzare la richiesta di Consenso Informato Preventivo e richiedere l’esonero o l’attività alternativa (ai sensi della C.M.4321 DEL 6 Luglio 2015)
  • Sostenere il riconoscimento dell’educazione affettiva e sessuale e su tutti i temi sensibili come attività extracurricolare e dunque facoltativa.
  • Riservare a loro stessi in qualità di genitori la possibilità di decidere cosa è adeguato o meno per i loro figli, cosa è ideologico, anche se inserito nella lezione di scienze o letteratura di un docente ma esula dall’ insegnamento normato dalle indicazioni nazionali.

La correttezza di questo assunto si può desumere anche dalla C.M.1972 del 16 Settembre 2015 che di fronte alle legittime preoccupazioni relative al comma 16 della Buona Scuola, seppur con un linguaggio non sempre cristallino, ha esplicitato che nella nuova legge sulla scuola, l’ Ideologia gender non deve essere ammessa, facendo esplicito riferimento anche al primato educativo delle famiglie, riconosciuto dall’ art. 30 della nostra Costituzione Sensibilizzare, calibrare risposte ed iniziative da condurre con un’appropriata strategia di comunicazione ed intervento. Sono queste altre parole d’ordine, così come fare rete ed associarsi.Dopo la importante manifestazione civile del 20 Giugno si stanno moltiplicando i comitati di genitori in diverse città, così come i casi di genitori che si informano e pretendono chiarezza e garanzie dalla scuola, richiamata a porsi in un corretto rapporto di sussidiarietà con la famiglia. Sottolineiamo che un genitore isolato rischia di non avere una posizione forte, soprattutto dal momento in cui esprime critiche al pensiero “unico dominante “ e rischia concretamente di essere silenziato o etichettato come oscurantista od omofobo. I genitori poi possono impegnarsi come rappresentanti di classe o d’ Istituto, organizzarsi in comitati e contattare le associazioni di genitori. Senza cadere in un clima di “caccia alle streghe”, crediamo che genitori formati possano imparare a valutare le proposte educative della loro scuola ed ad escludere possibili criticità. In caso di dubbi invece, vi invitiamo a sottoporli alla Commissione Scuola del comitato Difendiamo i Nostri Figli (scuola@difendiamoinostrifigli.it) o alle associazioni che sottoscrivono il vademecum DNF, come la nostra (info@comitatoarticolo26.it). Molti dirigenti e docenti non sono al corrente dei complessi aspetti del dibattito in corso e quindi in molti casi sarà proprio il dialogo e lo scambio con i genitori che potrà sensibilizzarli adeguatamente. Il rapporto scuola-genitori deve restare di fiducia e collaborazione, se vogliamo a lungo termine riaffermare efficacemente la responsabilità educativa dei genitori e tutelare i nostri figli da manipolazioni ideologiche. Ma in ogni modo siamo chiamati a riaffermare i nostri diritti con decisione e senza esitazioni. Oltre l’ emergenza, ci aspetta a un lungo lavoro di ricostruzione culturale, in cui accanto alla ferma denuncia e alla scesa in campo di tutte le componenti sociali – famiglie, istituzioni politiche culturali e religiose- sia da ricercare anche attraverso la promozione di proposte educative positive e innovative, l’ antidoto, a largo spettro alla crisi educativa ed antropologica in corso.

 

Articolo pubblicato sul quotidiano la Croce

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