Ma “W l’amore” parla davvero di amore?

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“W l’amore” è il nome di un progetto di derivazione olandese che si sta diffondendo nelle scuole dell’Emilia Romagna. A più riprese ci sono giunte e ci continuano a giungere, segnalazioni, richieste di informazioni e di sostegno da parte di insegnanti e genitori che vedono entrare nelle scuole, in maniera non esplicita, questa iniziativa sotto la “autorevole” spinta delle AUSL e della Regione Emilia Romagna. Abbiamo accompagnato per mesi numerosi genitori e docenti nel tentativo di dialogare efficacemente con le scuole su questo tema e nell’analisi di questo progetto, che sicuramente è tra quelli che mai avremmo voluto sapere proposto a ragazzini di 13 e 14 anni dall’istituzione che più dovrebbe riscuotere la fiducia delle famiglie: la scuola, appunto.

Se dal titolo sembra voler emergere il tentativo di dare un contributo all’educazione all’amore delle nuove generazioni, poi il risultato raggiunto è davvero discutibile, dato che i contenuti espressi veicolano una concezione dell’amore che si riduce all’aspetto della mera genitalità, e dove anche la visione della sessualità ne esce limitata e per questo infondata, fino ad oscurare del tutto la bellezza della relazione tra le persone.

“W l’amore” affronta senza rispetto per ragazzi e genitori argomenti quali masturbazione, aborto, pornografia ed equiparazione di ogni orientamento sessuale e viene finanziato e diffuso nelle scuole dal Sistema Sanitario Regionale e dalla Regione, istituzioni delle quali i genitori immaginano di potersi fidare e che essi stessi finanziano insieme a tutti gli altri cittadini. Colpisce anche che – come nel caso della scuola di Gaggio Montano  che ci è stato direttamente  segnalato – il progetto venga introdotto in maniera  a dir poco subdola, senza permettere un’attenta informazione ed analisi di contenuti  così delicati, sia da parte dei genitori che dei docenti stessi, mettendo in serio rischio la fondamentale alleanza educativa che dovrebbe sussistere tra scuola e famiglia, le due primarie agenzie educative al servizio dei bambini.

Come associazione di genitori e docenti il cui motto è “Famiglia e Scuola Insieme per Educare”, auspichiamo che l’opinione pubblica e le istituzioni si interroghino prontamente sull’opportunità di tali iniziative, e che sempre più genitori ed educatori si impegnino per la difesa dei più piccoli da ogni dissennata ideologia e sperimentazione educativa.

N.D.R.: a nostro modesto parere è interessante notare che l’Olanda, nazione dalla quale prendiamo spunto per i corsi su tematiche delicate come questi di “istruzione sessuale”, a giudicare dalle statistiche non avrebbe nulla da insegnare all’Italia, che nei dati sui fenomeni giovanili ottiene storicamente risultati molto confortanti (si veda ad es. dati mamme-bambine Italia-Olanda)

 

Per un dettaglio maggiore vi consigliamo di leggere per intero il primo di due articoli pubblicati dalla Croce in questi giorni

La nostra associazione – Comitato Articolo 26 – riceve da mesi segnalazioni da tutta Italia su progetti educativi che sollevano dubbi da parte delle famiglie. Questo ci dà modo di toccare con mano che se da una parte crescono i toni del dibattito sull’inesistenza di una “ideologia gender”, dall’altra l’indifferentismo sessuale è qualcosa di sempre più fluido e ambiguo, che spesso fa da sfondo ad iniziative che favoriscono, in generale, una sessualizzazione precoce, svuotata di ogni significato e talvolta ridotta a pura genitalità.

A fine giugno la segnalazione da parte di un insegnante (il cui nome come quello dei genitori successivamente coinvolti in questa vicenda, non faremo, per tenerli al riparo da possibili strumentalizzazioni o ritorsioni) ci presenta il caso dell’istituto comprensivo Salvo D’Acquisto di Gaggio Montano (Bologna) dove in chiusura dell’ultimo collegio docenti dell’anno viene frettolosamente approvato dal Collegio dei docenti il progetto “W l’amore”. La proposta non viene minimamente discussa: è accolta senza possibilità di essere analizzata. È avanzata dal personale AUSL con cui la scuola collabora da tempo, senza oneri per l’istituto e finanziata dalla regione Emilia Romagna; gli operatori sono dipendenti dell’AUSL che svolgono tale attività durante il proprio orario di servizio. Praticamente un bollino di qualità. Cosa più importante: il progetto era già stato approvato 15 giorni prima dal Consiglio di Istituto che aveva anche modificato delle linee di orientamento del POF, inserendo un progetto che a tutti gli effetti tratta educazione sessuale, nell’area insospettabile dell’educazione alla cittadinanza. Il nostro docente però non è convinto. Un’approvazione troppo frettolosa per un tema delicato. Vuole saperne di più e ci scrive. W l’amore è purtroppo un progetto già noto. Come descritto dai curatori «è stato tradotto e riadattato da Long Live Love, realizzato da Soa AIDS Nederland e Rutgers WPF, Paesi Bassi. È promosso dalla Regione Emilia Romagna all’interno del XV Programma per la prevenzione e lotta all’AIDS». Ma tra i contenuti c’è molto di più. A Piacenza nel Febbraio 2015 era stato negato l’esonero dalle lezioni ad un genitore che ne aveva fatto richiesta, perché la scuola «non può assecondare tutte le richieste dei genitori». Il caso era finito sui giornali.

Nello stesso periodo un padre del liceo Galvani di Bologna, in una lettera aperta ai giornali e ai genitori dell’istituto, manifestava grave preoccupazione riguardo un altro progetto di educazione sessuale proposto dagli stessi curatori di W l’amore.
Il Forum delle Associazioni familiari dell’Emilia Romagna aveva già manifestato all’assessore alla salute, Venturi, forti perplessità su numerosi aspetti del progetto, richiedendo un incontro.
I deputati del PD Soncini, Boschini, Molinari, Paruolo e Rontini il 26 marzo 2015 formulano una “Interrogazione a risposta scritta” alla Presidente dell’Assemblea Legislativa Simonetta Saliera per sapere, a fronte delle numerose critiche e richieste di chiarimenti avanzate da genitori, associazioni e singoli cittadini «sulla base di quali evidenze si sia scelto di ispirarsi al modello olandese, come sia stato composto il tavolo tecnico che ha predisposto il progetto, se è stato previsto il coinvolgimento di associazioni di famiglie e docenti nella fase di elaborazione».
Genitori, associazioni e politici quindi – non proprio di area conservatrice – sollevano dubbi. Ma il progetto va avanti e si estende velocemente in moltissime scuole in tutta la regione.
Suggeriamo quindi al docente di leggere il manuale per gli insegnanti e il libretto per i ragazzi “Le cinque lezioni”, che non erano mai stati sottoposti alla valutazione del collegio. Dopo una prima lettura, il nostro insegnante coinvolge altri genitori; insieme studiano i materiali (a riprova di una rinnovata attivazione che si sta sviluppando di fronte all’attuale sfida educativa, ma anche della ricerca di una nuova alleanza tra docenti e genitori).
Le sorprese non si fanno attendere. Cominciando da alcuni passi tratti dal libricino “Le 5 lezioni” dove a pag. 44 si legge:
«Spesso si sente dire che l’omosessualità non è normale o che è una malattia. Queste opinioni possono dipendere dal fatto che non si conosce bene l’argomento e se ne è spaventati. I pregiudizi di questo genere possono portare a episodi di aggressività e violenza verso le persone omosessuali. OMOFOBIA: termine con cui si intendono pensieri, sentimenti e comportamenti negativi rispetto all’omosessualità e alle persone omosessuali».
Dunque se dei ragazzini – parliamo di 12/14 anni – nutrissero anche solo il sospetto che tutte le evidenze di cui sopra non siano poi così evidenti, che l’equiparazione e l’omologazione di qualunque comportamento e orientamento non corrisponda in assoluto alla realtà profonda della persona, si esporrebbero al rischio di essere giudicati omofobi, e dunque potenzialmente pericolosi, proprio dal gruppo dei coetanei così determinante in adolescenza. Ogni pensiero critico viene inibito. Tutti i complessi aspetti del potenziale disagio delle persone con tendenze omosessuali vengono ridotti al solo problema della cosiddetta omofobia interiorizzata. Viene fatto intendere anche che l’omofobia, espressione di ignoranza, potrebbe facilmente degenerare in aggressività e violenza e chiede perciò efficaci mezzi di contrasto.
Su come includere la pluralità sessuale, gli insegnanti vengono istruiti come segue: «Quando si parla di relazioni e sessualità si tende a dare per scontato l’orientamento sessuale delle persone. Durante la discussione cerca di non fare solo esempi eterosessuali ma includi riferimenti a tutte le possibili modalità affettive e sessuali…».
«Rispondi alle reazioni omonegative sottolineando che l’omosessualità è solo uno dei possibili orientamenti sessuali. Ricorda che l’unica differenza tra le persone omosessuali e eterosessuali è la presenza dello stigma sociale
… Se vuoi dedicare più tempo alla pluralità sessuale puoi contattare le associazioni Lgbt presenti sul territorio» (Manuale per gli insegnanti, pagg. 13-14).
L’equiparazione tra omosessualità ed eterosessualità è data a priori, come un dato oggettivo che va da sé, ignorando il complesso dibattito scientifico al riguardo, ma se ce ne fosse bisogno gli esperti delle associazioni Lgbt sono a disposizione per confermarlo.
Il Forum delle Associazioni familiari aveva già chiesto a che titolo è stata avviata una collaborazione con tali associazioni e perché non siano state mai prese in considerazione le associazioni delle famiglie, disconoscendone il primario diritto educativo, sancito dall’art. 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e dalla nostra costituzione. Una regione quale l’Emilia Romagna come può disattendere in modo così plateale tale principio di civiltà?
Ancora avanti, a pag. 36, viene detto che «non c’è un modo giusto di essere maschi o femmine […]. Esistono piuttosto modi di essere per esprimere te stesso/a, conoscere gli altri e trovare il tuo modo di stare con loro, prendendo consapevolezza delle influenze del contesto in cui vivi e dei tuoi desideri. […] Non c’è un modo giusto per vivere queste emozioni (l’innamoramento), l’adolescenza è un periodo di cambiamenti in cui si fanno nuove esperienze che nel tempo potranno modificarsi» (pag. 42).
«“Orientamento sessuale” è un termine usato per indicare i diversi tipi di attrazione sessuale ed affettiva verso persone di sesso opposto (eterosessualità), dello stesso sesso (omosessualità) o di entrambi i sessi (bisessualità)…» (pag. 43).
Non solo i modi di essere maschio o femmina sono costruzioni culturali che se assunti acriticamente diventano gabbie che impediscono di esprimersi liberamente, ma anche l’orientamento sessuale prescinde in assoluto dal sesso, che a sua volta prescinde dall’identità sessuale, libera di esprimersi nei modi che il soggetto giudica essere importanti per sé. Quali sono – ci si chiede- i fondamenti scientifici che confermerebbero l’opportunità di tali interventi educativi nella delicata fase dello sviluppo affettivo e sessuale di ragazzini di 13 anni?
Anche in tema di famiglia e di relazioni la linea teorica del progetto è chiara: «Ho sempre pensato che per crescere bene in una famiglia ci dovessero essere un padre e una madre. Invece ho amici con genitori separati, single o addirittura omosessuali! Ho capito che quello che conta davvero è volersi bene» (pagg. 31.43).
«Non in tutti i paesi si può esprimere o vivere apertamente l’omosessualità. In Italia non è possibile né il matrimonio né l’adozione per le coppie omosessuali» (pag. 95).
«Si può fare sesso la prima volta con un amico o un’amica? […]» «Ognuno dovrebbe capire quali sono le cose importanti per sé, imparare a riconoscerle e a farle rispettare».
Lo Spazio Giovani con il sito web a cui scrivere (www.stradanove.net) o le pagine per chattare (facebook.com/youngle.loveaffair) sono pubblicizzati come spazi a disposizione per aiutare a capire «quali cose sono importanti per sé circa “l’atteggiamento giusto” da avere nei confronti delle prime esperienze sessuali che, come stabilisce la legge italiana, possono essere liberamente scelte a partire dai 14 anni» (pag. 94). L’orientamento giusto dunque sarebbe la “libertà” da qualsiasi sistema valoriale di riferimento, da qualsiasi condizionamento soprattutto famigliare, ad esclusione del “come mi sento”.
Il docente registra. Si trova davanti una sessualità senza relazione, senza umanità, senza bellezza. Nelle pagine che seguono lo aspettano altri temi: masturbazione, pornografia, aborto. Le forme di un indottrinamento che potrebbero portare a comportamenti estremamente rischiosi e che si chiede quanti desidererebbero come genitori per i propri figli o come educatori per i propri alunni.

Ma questa prima ricognizione ci permette di tornare sul dibattito in corso: il gender esiste o non esiste? E che cosa è il “gender”? Da mesi c’è chi sostiene che la cosiddetta “ideologia gender” sarebbe un’invenzione di gruppi cattolici reazionari di fronte ai naturali cambiamenti sociali, che comporterebbe anzi il rischio di fomentare le discriminazioni. Non si potrebbe parlare di una teoria o ideologia gender anche perché i gender studies sono variegatissimi al loro interno e trasversali a diverse discipline e avrebbero in generale come finalità la decostruzione dei condizionamenti socioculturali che incidono sulle condizioni di vita e di lavoro delle donne.
Per fare un po’ di chiarezza occorre partire dai termini. Nei diversi sviluppi dei cosiddetti studi di “genere” questo concetto assume diversi significati. Se inizialmente il femminismo ha combattuto per l’uguaglianza delle donna rispetto all’uomo, in un secondo momento ha esaltato la differenza delle donne. Il fatto che la differenza sessuale tra uomo e donna sia intesa come “naturale” è la causa principale della fissazione di ruoli sociali (il ruolo privato, materno-accuditivo-domestico per le donne) che hanno portato alla subordinazione e alle discriminazioni delle donne. Il genere si presenta come una categoria di indagine scientifica sui modi in cui cultura e società modellano questa differenza. La differenza sessuale tra uomo e donna non va intesa in senso naturale, perché in tal modo costituirebbe la base della subordinazione femminile.

Il post-femminismo ha fatto un passo ulteriore, teorizzando il definitivo superamento della subordinazione femminile utilizzando il “genere” per indicare la in-differenza, o annullamento della differenza sessuale: esso è una costruzione sociale (non un dato naturale), prodotto della socializzazione, scindibile dal “sex” che si può pertanto de-costruire e ri-costruire. Accanto al femminismo di genere si è parallelamente diffusa la tematizzazione del gender nei movimenti LGBT. La differenza non è irrilevante solo nel determinare l’identità di genere ma lo diventa anche nella relazione, nella scelta del partner nelle unioni coniugali e paraconiugali, nella costituzione della famiglia, con la conseguente normalizzazione dell’omosessualità e l’equiparazione delle unioni etero e omosessuali. È la teoria che si oppone all’eterocentrismo, ritenendolo un “eterosessismo”, una vera e propria forma di discriminazione che privilegerebbe indebitamente la famiglia formata da un uomo e da una donna. Le gender theories «intendono dimostrare come l’identità di genere (costruita dalla percezione psicologica e dalla socializzazione) abbia e debba avere una priorità rispetto all’identità sessuale, seguendo la logica della priorità della cultura sulla natura» (L. Palazzani, Identità di genere?, Milano 2008). Per ideologia gender nel dibattito in corso si è inteso quindi in particolare denunciare il diffondersi, anche nell’educazione, del pensiero del movimento Queer che rappresenta l’ala estrema delle gender theories. “Queer (strano, “svitato”) indica l’orientamento verso la “fluidità del genere” un vero e proprio “indifferentismo sessuale”. Queer è «colui che si oppone per scelta allo straight dell’eterosessualità e dei generi, più in generale alla normatività» (C. Atzori, Il binario Indifferente Milano 2010).

Le segnalazioni degli ultimi mesi ci mostrano che dalla decostruzione dei cosiddetti “ruoli di genere” di impronta più marcatamente femminista (la donna-oggetto o il bambino macho) si scivola sempre più e sempre più spesso al mettere in discussione la stessa identità sessuale di bambini e bambine e indicare come stereotipi da combattere anche l’eterosessualità e la famiglia naturale. Crediamo che la polemica sull’esistenza o meno di una “teoria del genere” oltre a sforare nel ridicolo, sia indotta solo ed esclusivamente per evitare una discussione seria sui contenuti, la sola che ci aspetterebbe alla base delle scelte dei docenti a cui affidiamo la formazione dei nostri figli; la sola che possa nutrire il rapporto di fiducia che dovrebbe intercorrere tra la famiglia e la scuola.

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