Riflessioni rivolte ai candidati nazionali sulla questione parità scolastica

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Da il settimanale di “Scuola&Cultura” riprendiamo una lettera aperta di Anna Monia Alfieri sul tema della parità scolastica e  della libertà educativa.

Come genitori, educatori, cittadini riteniamo  questi temi fondamentali per il rilancio dell’Italia a partire dalla scuola.
Auspichiamo che nel prossimo scenario istituzionale essi non siano lasciati in second’ordine come spesso accaduto con le precedenti classi politiche, ma che possano essere affrontati con tutta l’urgenza, la passione e la comunione di intenti che essi meritano per il futuro dei nostri ragazzi.

Come cittadina ho il dovere di interessarmi all’analisi dei programmi delle diverse coalizioni che si presenteranno alle politiche del 4 marzo, con particolare attenzione alle proposte nel settore della scuola, fondamentale per l’esistenza stessa…di future elezioni politiche. La conoscenza, la cultura, la formazione devono essere il fondamento del dialogo con le Istituzioni, se res publica deve essere. Considero anzitutto, da parte di qualche esponente politico, l’annunciato azzeramento dei contributi alle scuole paritarie, fatta eccezione per le scuole dell’Infanzia. Premetto: tutti i programmi pongono l’attenzione sui cittadini disagiati, per non dire poveri.

Una povertà culturale

Per quanto mi riguarda, una povertà che ritengo abissale e senza speranza è quella culturale, derivante da ogni forma di ideologia, radice di ogni male; conseguentemente il diritto che intendo difendere è quello della libertà di scelta educativa da parte dei genitori, anche nullatenenti, diritto riconosciuto in tutta Europa ad eccezione della Grecia e dell’Italia. Migliaia di genitori, che hanno i figli sia in scuole pubbliche statali che in scuole pubbliche paritarie, hanno compreso questo semplicissimo concetto, derivato dalla L. 62/2000: “Il sistema scolastico italiano è composto di “scuole pubbliche” (che non è sinonimo di “scuole statali”), che sono di due tipi: paritarie e statali. Io genitore pago le tasse e ho diritto di scegliere la buona scuola pubblica che desidero per mio figlio, statale o paritaria. Ma se sono povero, non posso scegliere la pubblica paritaria. Come mai, dal momento che pago le tasse per la scuola pubblica e dal momento che la dichiarazione dei diritti dell’uomo e la nostra Costituzione garantiscono la libertà di scelta educativa? è un mio diritto. Come, ad esempio, quello di curarmi dove voglio, nella Sanità pubblica. Come mai posso scegliere di far operare mio figlio al San Raffaele piuttosto che al Policlinico e non posso scegliere l’educazione pubblica (tra l’altro obbligatoria) che lo Stato stesso mi propone per legge?” Persino il MIUR, notoriamente elefantiaco, si è mosso aprendo un tavolo sul costo standard di sostenibilità per allievo, senza il quale – lo sanno bene gli Amministrativi del Ministero – andiamo velocemente verso il tracollo della scuola pubblica statale tutta, perché la spesa è fuori controllo.

Attualmente, la scuola pubblica statale costa allo Stato 57 miliardi di euro all’anno.

Un diritto affermato ma negato

Per la pubblica paritaria lo Stato spende 500 milioni scarsi, per circa il 10% di studenti. Se questi fossero in carico allo Stato (eliminando le pubbliche paritarie), la spesa in più sarebbe di 5 miliardi e 700 milioni di euro. Se uno o più schieramenti non recepiscono questa evidenza, temo per lui/loro che questo grumo di ignoranza li danneggerà. I cittadini elettori intelligenti – anche i poveri, perché l’acume non si compera – ormai ragionano brutalmente così: “Il diritto a scegliere liberamente la scuola pubblica in tutta Europa c’è, e viene applicato. In Italia c’è, ma non viene applicato. Per scuola pubblica non si intende solo quella statale, ma si intendono tutte le scuole, statali e paritarie, con determinati requisiti che tocca allo Stato far rispettare. A lui tocca essere controllore e garante, non gestore. Invece lo Stato è controllore-garante e gestore assieme… Ma per chi ci prende? Tocca a lui radere al suolo i diplomifici. Cosa aspetta? Conviene forse a qualcuno del MIUR tenerli? Pare di sì, perché ad Ispettori in gamba è stato ordinato di edulcorare le relazioni. Inoltre: un alunno della pubblica statale costa, al contribuente, 8000 euro all’anno e manca la carta igienica. Non solo: molti professori tirano a campare, tanto lo stipendio è assicurato. Risultato: i ragazzini escono non preparati. E non parlatemi di eccezioni: il figlio del povero finisce sempre nella sezione peggiore. Alla paritaria accanto a casa mia si spendono 5000 euro al massimo, con un servizio eccellente…

Ma noi, Luigi Rossi e Rosa Bianchi, operai, non ce la facciamo a pagare e le tasse e la retta di quella buona scuola pubblica paritaria per i nostri due bambini.

Paradossi, ingiustizie, silenzi…

E la cosa che ci fa arrabbiare di più è che alla buona scuola pubblica paritaria ci va il figlio del famoso amico del celebre movimento! Perché lui sì, e nostro figlio no? Solo perché ha i soldi?” Questo è il discorso che la gente normale, intelligente, fa oggi, leggendo certi programmi sulla scuola. E giustamente si disgusta. Inoltre – per andare un po’ più sul culturale – il presupposto che lo Stato debba essere l’unico erogatore e controllore del servizio di istruzione ai propri cittadini, e non solamente il garante dello stesso, ha un riferimento storicamente centralista.

E si potrebbe citare qualsiasi forma di totalitarismo del Novecento. Aggiungo solo, sempre da cittadina e anche da esperta in economia, che lo Stato, con il sistema del costo standard, risparmierebbe notevolmente per reinvestire sulle scuole che necessitano più fondi, eliminando gli sprechi mostruosi attuali… Forse qualche timido inserimento last minute nei programmi di tre schieramenti c’é. Punti inseriti discretamente, messi lì, da non sbandierare al tiggì…Ma, pur rallegrandosi, di tutto l’intelligente cittadino elettore di cui sopra, padre di famiglia e povero, chiederà conto.

Risparmio in questa sede la riflessione sull’abominevole ingiustizia nei confronti della libertà di insegnamento, negata ai docenti delle pubbliche paritarie. Non è così in tutta Europa (tranne la Grecia). Il costo standard rimedierebbe all’ingiustizia verso ottimi docenti della scuola pubblica paritaria, che sforna per merito loro alunni del calibro della Cristoforetti e andando un po’ in là nel tempo, della neo-senatrice Liliana Segre. Questi docenti, abilitati e chiamati alla pubblica statale, – se non possono campare con gli stipendi anche sicuri ma bassi delle pubbliche paritarie – devono andarsene allo Stato, non potendo scegliere di continuare ad insegnare nella pubblica paritaria dove lavorano sodo e sono apprezzati dai dirigenti, dagli alunni e dai genitori. Per inciso: nel silenzio tombale dei sindacati. Non sottraggo altro tempo prezioso; penso che servirà ai candidati per rispondere ai molti Luigi Rossi e Rosa Bianchi che probabilmente scriveranno le loro ragioni sulle testate intelligenti che raccoglieranno parecchie riflessioni. Una particolare attenzione merita il documento congiunto redatto per i candidati di Regione Lombardia, da cui si evince che le Associazioni dei genitori e dei gestori hanno idee chiare, compatte e unitarie. Ora si chiede ai candidati alle elezioni regionali di spiegare ai cittadini, con altrettanta chiarezza e onestà, cosa intendono fare. In sintesi, si garantisca: 1) il diritto degli studenti a studiare senza alcuna discriminazione economica in un pluralismo educativo a costo zero, avendo i genitori già pagato le tasse; 2) il diritto dei docenti a scegliere se insegnare in una scuola pubblica statale o pubblica paritaria a parità di titolo e di stipendio. Un meccanismo virtuoso di garanzia dei diritti riconosciuti a costo zero. Tertium non datur.

Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto.

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