Dal convegno nazionale alle mozioni per cambiare la scuola: il gender avanza indisturbato

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Continua sotterraneo ma impetuoso il tentativo di “colpo di stato educativo” messo in atto nelle scuole di ogni ordine e grado di Roma, ad opera delle associazioni che propugnano la cosiddetta “Educazione alle differenze”, secondo le teorie di genere, all’insaputa degli ignari genitori e con il plauso (ed i fondi!) di Comune, Provincia e Regione.

E’ inquietante  infatti il  documento diffuso in questi giorni dalle  associazioni (nella maggior parte  di area Lgbt  e femministe  radicali)  che hanno partecipato al convegno nazionale “Educare alle differenze” lo scorso 20 Settembre a Roma, promosso dall’associazione “SCOSSE”; associazioni largamente collegate alle campagne “Leggere senza Stereotipi”, “La scuola fa Differenza”, “Le cose cambiano” e molti altri progetti lanciati di recente da Roma Capitale e dal governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, per le scuole dai nidi alle superiori.

Si tratta di una mozione da presentare ai collegi docenti delle scuole affinché, con il cavallo di Troia della lotta alle discriminazioni e all’omofobia, della decostruzione degli “stereotipi di genere”, esse spalanchino le porte  alle miriadi di progetti “educativi” proposti per quest’anno scolastico da quelle stesse associazioni. Questo documento è stato preparato appositamente come strumento da dare in mano ai sostenitori delle teorie “gender”, genitori simpatizzanti  e docenti stessi (non solo grandi associazioni, quindi) per una diffusione ancora più capillare di questa ideologia.

Dalla premessa – che è riservata ai cosiddetti  “alleati” e non è resa esplicita alle scuole, alle quali il documento si rivolge solo nella seconda parte  –  emerge la mancanza di limpidezza negli intenti degli estensori del documento stesso. Si esprimono alcuni subdoli consigli, affinché tali istanze siano accolte favorevolmente.

In particolare si recita: “Il riferimento alle discriminazioni deve essere generico al fine di poter successivamente trattare tutte le tematiche”.

Che dobbiamo pensare?

La risposta ci sembra ovvia e fondata: a chi propone tali forme di educazione non interessano tutti i tipi di  differenze, né tutti i tipi discriminazione. Perché nei progetti sulle differenze formulati da queste associazioni (nel link l’elenco completo delle sigle  che partecipavano al convegno da cui è scaturito questo documento) non ci sono riferimenti (o se ci sono appaiono in minima parte, quasi solo a voler confondere le acque, come le righe di sopra dimostrano) a nomadi, extracomunitari o portatori di handicap. Il bullismo di cui si parla non è contro gli obesi, gli occhialuti o i secchioni, ma solo quello omofobico. Tutti i progetti che oggi si fregiano di “educare alle differenze” hanno a cuore solo quelle in base all’orientamento sessuale, e non solo – purtroppo – con finalità (sacrosante) di inclusione.

La scuola italiana, da sempre è apprezzata nel mondo per il suo carattere di profonda apertura culturale. Da sempre ha educato i nostri figli alla cittadinanza e all’inclusione. L’Italia è stata il Paese che ha portato in Europa il modello dell’integrazione ‘totale’ delle diverse abilità e delle culture altre e del rispetto della costituzione e dell’immigrazione. Essa si trova oggi –  suo malgrado – a dover fronteggiare l’offensiva di un’ideologia che la vuole trasformare in ‘campo di rieducazione’, secondo le teorie scientificamente infondate di poche potentissime minoranze di pensiero, con la connivenza di istituzioni cieche o inconsapevoli. Si tratta di ideologie che spingono all’indifferentismo sessuale i nostri bambini e ragazzi, con sperimentazioni pedagogiche degne dei più terribili regimi totalitari.

Un esempio di cosa intendono questi esperti di educazione per “decostruzione degli stereotipi e dei pregiudizi” che è alla base del loro lavoro nelle scuole?

Sfogliate il libricino “Voglio la cartella di Spiderman” (edizioni: Seinove). Poche pagine dopo aver ottenuto la fatidica cartella “da maschietto” (e permettete: “che problema c’era?”), la bambina protagonista, dopo una visita alle amiche omosessuali dei genitori, a sei anni afferma trionfante (e finalmente “decostruita”): “Adesso so che quando sarò grande potrò avere un fidanzato o una fidanzata”.

A sei anni.

Oppure leggete i libri utilizzati nelle scuole medie inferiori e superiori per i percorsi di “lotta al bullismo omofobico” o della prevenzione alla discriminazione, vedi “Di che genere sei?” (ed. La Meridiana). Per cominciare vengono proposti questionari finalizzati ad attuare una ricognizione sul grado di “omofobia nella classe”: ma chi può immaginare e accompagnare le risposte interiori di adolescenti, di fronte ai coetanei e dinanzi a iniziative di questo tenore? Non è legittimo supporre che docenti o “esperti” formati secondo la visione gender siano presumibilmente decisi a diffondere la loro visione antropologica e sociale? Quando poi vengono proposti giochi didattici come il “cruciverba LGBT” o il “domino” con la tessera “queer”o “transgender” ci chiediamo: quali esperti valuteranno l’inclinazione al conformismo nei confronti del gruppo dei pari, che si manifesta tipicamente negli adolescenti? Saranno davvero più liberi o forse più condizionati, senza saperlo?

Queste mozioni chiedono che l’educazione alle differenze diventi “uno degli obiettivi prioritari nel progetto educativo di questa scuola”.

Ma per educare all’accettazione delle “differenze”  è lecito minare nelle nuove generazioni il dato di realtà dell’identità maschile e femminile –  archetipo dell’umanità –  senza uno straccio di prova scientifica sull’opportunità di tutto ciò? Senza coinvolgere le famiglie a cui “spetta la priorità nella scelta del genere di educazione da impartire ai nostri figli” (art. 26 della Costituzione Universale dei diritti dell’Uomo”)?

E certo, cari mamme e papà, se non l’avete capito, gli stereotipi da decostruire siete proprio voi. Cari nonni, e voi? Avete sbagliato tutto? Possibile?

Vi invitiamo tutti a diffondere queste mozioni e gli obiettivi dei loro promotori, sensibilizzando dirigenti, docenti e genitori in tutti i modi possibili. E soprattutto ad informarvi e a diffondere informazioni sulla problematica in atto, che esige oggi una considerazione prioritaria da parte di tutti.

Ribadiamo: non è una battaglia contro le persone, ma contro idee estremamente pericolose. Non si tratta di una battaglia confessionale, ma antropologica.

Sì al rispetto per tutti (ma proprio per tutti) e no all’ideologia Gender nelle scuole d’Europa e d’Italia.

 

 

Per approfondire e divulgare: riportiamo il testo e il link della petizione

“Noi padri e madri NON SIAMO STEREOTIPI E PREGIUDIZI. Esigiamo che questi concetti offensivi vengano esclusi dalla nostra scuola”

Sono pronte, per essere messe in circolazione nelle scuole di Roma e provincia, mozioni indirizzate agli insegnanti e ai genitori come quelle che potete leggere cliccando sui seguenti link:

http://www.notizieprovita.it/wp-content/uploads/2014/10/MOZIONE-DOCENTI-…

http://www.notizieprovita.it/wp-content/uploads/2014/10/MOZIONE-GENITORI-da-presentare-al-Collegio-Docenti1.pdf

per far entrare la propaganda omosessualista e gender in tutte le scuole di ogni ordine e grado, a cominciare dalla materna, sotto la parvenza di “Educazione alle differenze”. In esse si parla di accettazione delle «differenze» contro «ogni discriminazione», di «costruzione di rapporti (…) libera da pregiudizi e pressioni» nello stesso momento in cui si esercita una fortissima e potentemente organizzata PRESSIONE volta ad imporre, tramite l’ideologia del gender, il PREGIUDIZIO che la DIFFERENZA costituita dall’essere DONNA PER NATURA, quale vera PARTNER DELL’UOMO PER NATURA e, come tale, quale SOLA E UNICA GENERATRICE E RESPONSABILE DELLA VITA UMANA NASCENTE, non sia altro che uno STEREOTIPO e un PREGIUDIZIO che va DECOSTRUITO.

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