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    Intervento all’istruttoria pubblica sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del comune di Bologna

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    By Articolo 26 on 1 Maggio 2023 Dall'associazione, In primo piano, Libertà educativa

    Riportiamo di seguito l’intervento del nostro referente per Bologna, Valerio Corazza, all’istruttoria pubblica sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza convocata dalla Presidenza del Consiglio comunale di Bologna in data 18-19-27 aprile 2023. Qui il video dell’intervento


    Gentili Sindaco, Giunta e Consiglio Comunale,

    sono Valerio Corazza, sono un papà, referente per Bologna, nonché membro del direttivo nazionale, di Articolo 26, associazione che si occupa di proteggere l’alleanza tra famiglia e scuola. Articolo 26, nato nel 2014, rappresenta oggi una rete nazionale di genitori che hanno a cuore la scuola e l’educazione dei giovani. Associazione no profit, membro del FoNAGS – il Forum Nazionale delle Associazioni dei Genitori nella Scuola presso il MIM –, membro dell’EPA – la più importante associazione di genitori europea – e membro italiano dell’OIDEL – ONG con funzione consultiva presso le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa.

    Ringrazio per l’opportunità di portare le nostre osservazioni riguardo un tema a noi molto caro, quello dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, in un anno molto importante: siamo infatti nel 75° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani alla quale si rifà il nostro nome (articolo 26), e sul quale non per caso incentreremo anche il nostro convegno annuale di settembre.

    Tale articolo infatti recita al comma 3: “I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli”.

    Non vorrei spostare l’attenzione dai figli ai genitori. In realtà i diritti dei figli sono molto legati a questo diritto. Nella Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza possiamo leggere nell’introduzione: “la famiglia, unità fondamentale della società e ambiente naturale per la crescita e il benessere di tutti i suoi membri e in particolare dei fanciulli […]”. E ancora all’articolo 5: “Gli Stati parti rispettano la responsabilità, il diritto e il dovere dei genitori […] di dare a quest’ultimo [il fanciullo], in maniera corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l’orientamento e i consigli adeguati all’esercizio dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione”.

    Parliamo quindi di dovere dei genitori, che si traduce cioè in un diritto del fanciullo. Ed infatti all’articolo 7 leggiamo: “Il fanciullo […] ha diritto […] a conoscere i suoi genitori e a essere allevato da essi”.

    Se passiamo poi alla Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo del 1959, al Principio Sesto leggiamo: “Egli [il fanciullo]deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori”. E ne approfitterei anche per riproporre la frase successiva per l’importanza che riveste in questo contesto storico: “Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre”. Ogni riferimento a fatti d’attualità non è causale, ma non è il punto centrale del mio intervento.

    In effetti se parliamo di fanciulli e di ragazzi, non credo in realtà che ci sia bisogno di appellarsi alle norme scritte per riconoscere che il loro primo diritto sia quello di avere la famiglia come primo riferimento. Non possiamo cioè pensare a loro o ai loro diritti senza pensare prima di tutto a incentivare l’armonia nella vita familiare. Cercando sistemi quindi che possano favorire una convivenza armoniosa nell’alveo familiare: asili vanno benissimo per chi non vede l’ora di andare a lavorare, ma forse anche aiuti economici per chi ha piacere di tenerli a casa i figli.

    Ma per tornare al tema più centrale della nostra associazione, per sviluppare armonia familiare è anche utile aiutare i genitori nell’educazione dei figli secondo i loro principi, come appunto richiamato dagli articoli citati sopra. È inutile negare che i giovani, soprattutto dopo i lockdown, stanno attraversando in molti casi grosse difficoltà, e il problema più grande che hanno è forse proprio la mancanza di una famiglia presente, o in grado di supportarli in una fase delicata della loro vita.

    La soluzione allora potrebbe essere quella di riempire la società di aiuti che bypassano la famiglia, fatta di professionisti bravissimi e preparatissimi nei loro ruoli, come già avviene anche, ad esempio, nelle scuole, indubbiamente con lo sforzo e la buona volontà di tutti. Ma dobbiamo domandarci se questo possa essere sufficiente senza il supporto della famiglia.

    È qui che diventa evidente il diritto naturale di priorità educativa della famiglia: è prima di tutto una evidenza, una necessità. Ecco che allora va incentivato questo diritto. Tale diritto inalienabile non può non essere garantito ad esempio nelle scuole, realtà nelle quali i genitori devono sentirsi ed essere riconosciuti come cittadini “a pieno titolo”, supportati nel loro ruolo educativo, nelle loro scelte educative. I genitori sono naturalmente abilitati a essere educatori dei loro figli, in quanto portatori di esperienze particolari e uniche, e ne sono i primi responsabili.

    In questa fase storica, di fronte alla complessa realtà sociale e culturale che vivono oggi la famiglia e la scuola, è necessario che i percorsi educativi proposti rispettino tutte le famiglie, tutte le culture e le sensibilità, ogni credo religioso, gli alunni e i docenti, pena la nascita di contrasti che vanno ad incrinare questa armonia con conseguenze che possono ricadere sulla società in termini di costi di assistenza sociale o, peggio, di instabilità.

    Per questo non basta chiedere alle famiglie di partecipare, o coinvolgerle, a valle di progetti già decisi, ma bisogna coinvolgerle e considerarle a monte delle scelte.

    Ad esempio, possiamo considerare i recenti tentativi di introdurre un’educazione affettiva e sessuale nella scuola pubblica e il diffondersi in Europa e in Italia della cosiddetta “ottica di genere”, che impatta nella didattica coinvolgendo l’aspetto dell’identità dei discenti. Sono tutti aspetti che chiamano inequivocabilmente in causa la delicatissima questione della libertà di scelta educativa dei genitori, e di conseguenza la questione altrettanto fondamentale del pluralismo culturale e della vita democratica del nostro paese. La scuola può certamente favorire una formazione che tenda ad affermare la parità tra i sessi e ad agevolarne e consolidarne la consapevole acquisizione, ma non può agire sull’identità delle persone, ponendosi in contraddizione con l’intervento educativo familiare ed esperienziale delle famiglie.

    Questo pluralismo, quindi, si può garantire solo tutelando la facoltà di scelta dei genitori sui temi educativi sensibili all’interno delle singole realtà scolastiche. Ne consegue, ad esempio, che i genitori, primi responsabili dell’educazione dei figli, siano coinvolti in tali attività formative e che ne siano dettagliatamente informati in modo che possano esprimere il loro consenso/dissenso in merito agli aspetti prettamente valoriali ed educativi. Su questo vorrei fare un richiamo, e proporre di incentivare, lo strumento del CONSENSO INFORMATO PREVENTIVO – da richiedere ai genitori per argomenti educativi contestati e divisivi tra le famiglie, a salvaguardia della libertà di educazione dei genitori su tutte le attività che attengono a temi educativi sensibili (relativi alla sfera etica, affettiva e religiosa), in coerenza con quanto garantito dalla Nota prot AOODGSIP n.4321 del 6/07/2015, e dalla Nota Ministeriale n. 19534 del 20-11-2018 – anche per la parte facoltativa che la scuola intende proporre in orario scolastico.

    Volendo fare un passo oltre, sarebbe anche fondamentale promuovere e sostenere una reale libertà di scelta della scuola per i propri figli: ad esempio si potrebbe pensare a contributi alle famiglie che scelgono una scuola non statale, almeno sotto un certo reddito, per non lasciare la libertà di scelta solo a chi se la può permettere. In questo modo, ripeto, i minori vedrebbero meglio garantito il loro diritto a crescere secondo le loro convinzioni religiose e morali.

    Riassumendo, quindi, possiamo dire che il primo diritto dei minori è vivere in armonia nella propria famiglia, che va quindi aiutata a coltivare questa armonia che si concretizza anche in una presenza educativa, e quindi anche una collaborazione scuola-famiglia. In questo momento storico in cui è a rischio il fondamentale patto educativo tra scuola e famiglia, però, occorre lavorare affinché venga ricostruita l’alleanza tra questi due polmoni con cui respira l’educazione dei nostri figli, ridando spazio e dignità alla presenza dei genitori nella scuola. È quindi il momento di promuovere progetti educativi che siano al contempo rispondenti ai bisogni degli alunni e rispettosi delle scelte educative di tutte le famiglie.

    Mai come oggi affermare il primato educativo della famiglia – in sinergia con tutta l’istituzione scolastica – si presenta come un servizio alle famiglie, ai bambini e ragazzi e a tutta la società.

    Grazie per il vostro lavoro e per l’ascolto

    19/04/2023

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