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    Il caso della docente Palermo: per non soffocare nelle polemiche conta anche la voce dei genitori

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    By Articolo 26 on 7 Giugno 2019 Scuola

    Ora, a riflettori spenti, è possibile proporre una riflessione più pacata sulla vicenda della professoressa di Palermo, sospesa per 15 giorni dopo che i suoi alunni avevano accostato in diverse slide le leggi razziali al decreto sicurezza. Sanzione poi annullata e per la quale i Ministri Salvini e Bussetti hanno anche voluto incontrare la docente

    Articolo26 è un’associazione di genitori impegnati nella scuola e nell’educazione e, come tali, non possiamo non interessarci alle implicazioni di un caso simile. Non entrando nel merito specifico dei fatti, vogliamo (ri)lanciare nel dibattito due questioni:
    – Qual è il giusto rapporto fra gli articoli della Costituzione numero 30 “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli”, e numero 33 “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”?
    – E, più radicalmente: qual è il giusto rapporto fra la Repubblica, altra cosa rispetto alla Stato, e la Scuola?
    Rispondiamo alla prima domanda, premettendo che nessun articolo può essere contrapposto ad un altro: il giusto rapporto fra gli articoli 30 e 33 è quello valido per tutti gli articoli della Costituzione: il 33° deve quindi essere letto e interpretato alla luce del 30°.
    E alla seconda domanda: la scuola è una della formazioni sociali, ove si svolge la personalità dell’uomo, riconosciute e garantite dall’art. 2 della Costituzione: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”.

    La scuola, dunque, come comunità intermedia “riconosciuta”, e non fondata dallo Stato!

    Siamo certi del valore della libertà di pensiero e d’insegnamento nella scuola per la crescita dei giovani, così come dell’importanza dell’alleanza tra scuola e famiglia. Pensiamo che un fatto grave come la “sospensione” si sarebbe potuto evitare se ci fosse stato un rapporto più stretto tra docenti e genitori nel loro “fare scuola”.
    Il dibattito mediatico si è concentrato solo sull’insegnante, quasi fosse l’unica protagonista della vicenda. I genitori sono stati totalmente ignorati, quasi non avessero diritti e doveri nella comunità scolastica.

    Nel rispetto del dettato costituzionale, invece, sono loro i primi educatori nella scuola intesa come formazione sociale intermedia, sussidiaria. Anche la voce dei genitori conta!

    Le attività scolastiche dovrebbero svolgersi in trasparenza e condivisione tra tutti gli attori: allievi, insegnanti, colleghi e genitori, nel rispetto dei reciproci ruoli. La questione si doveva affrontare in primo luogo all’interno della classe e della scuola nella corresponsabilità educativa con le famiglie, che avrebbero dovuto essere informate e coinvolte.
    Per la nostra esperienza associativa, il rispetto degli specifici ruoli di docenti e genitori e il rispetto del pluralismo delle convinzioni didattiche, educative e politiche di ciascuno, favorisce la concordia e l’eventuale correzione reciproca.
    Il confronto, l’approfondimento di eventuali obiezioni o contrarietà, avrebbero potuto anche in questo caso evitare errori e fraintendimenti. Riducendo ai casi doverosi l’intervento di ispettori esterni.

    *Ai docenti, infatti, è garantita la libertà di insegnamento come “autonomia didattica e come libera espressione culturale” sempre nel rispetto del “confronto” con ragazzi, genitori e territorio.
    Essa non va quindi (fra)intesa come autoreferenzialità o, peggio ancora, come imposizione di visioni personali particolari che sarebbero veri e propri abusi.

    La libertà di insegnamento, infatti, deve essere compatibile e cercare il dialogo con il diritto-dovere dei genitori di educare e istruire i figli.
    Gli artt. 30 e 33 della Costituzione sono complementari fra loro e devono essere letti alla luce dell’art. 2. Pertanto, senza riconsiderare la scuola come “formazione sociale” e comunità intermedia, la conflittualità tra presunti diritti contrapposti – in una polarità che non ammette “mediazioni” – non potrà che aumentare.
    Le comunità intermedie si originano e sussistono per rispondere a bisogni vitali, come educare e istruire le nuove generazioni. E la scuola è una di esse. Tutto ciò “prima” dello Stato, ed è questo che la Repubblica riconosce e garantisce! Anche senza lo stato, genitori e docenti troverebbero sempre un modo di mettersi “insieme” per educare i giovani!

    Diceva Rodari: “Il punto cruciale è quello dell’incontro di base tra genitori e insegnanti, forma concreta dell’incontro tra scuola e società. Se questo incontro fallisce, la struttura non vive.”
    Ripartiamo da qui affinché la scuola sia davvero scuola di tutti, per una vera formazione e una vera libertà.

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