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    La vera fake news è quella che considera bufala il DDL che introduce il Gender nella scuola

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    By Articolo 26 on 25 Ottobre 2017 Senza categoria

    Il 17 ottobre scorso “Orizzonte Scuola” ha pubblicato l’articolo “Teoria gender: non esiste alcun DdL che la introduce nelle scuole. ‘Catena bufala’ crea allarmismo” link.

    Abbiamo inviato una nota a Orizzonte Scu­ola – tra i siti più visitati dagli insegnanti italiani  –  con l’obiettivo di agevolare un reale “fact checking” e per scongiurare il rischio di aggiungere bufala a bufala, in base alle convenien­ze di parte e perché come associazione di genitori impegnati nella scuola ci sta a cuore una reale alleanza scuola famiglia e  una  piena  libertà di  insegnamento dei docenti. Purtroppo non abbiamo ricevuto alcun riscontro da OS: riportiamo allora qui sotto la lettera con le nostre osservazioni.

    n.b.: sui nostri canali abbiamo sempre contribuito a fare chiarezza segnalando messaggi whatsapp o catene fuorvianti (che a dirla tutta talvolta ci sembrano create ad arte per squalificare un certo punto di vista…)

    Riguardo all’articolo da voi pubblicato qualche giorno fa in relazione alla rubrica #PiùFactmenofake del sito dei senatori PD, riteniamo necessaria qualche puntualizzazione.

    I senatori rivolgono la loro attenzione sul messaggio “bufala” su WhatsApp che invita a scrivere al Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli per “chiedere lo stop del DDL Scuola già approvato dal Senato e in discussione alla Camera”, che comprenderebbe l’inserimento dell’ideologia Gender. Messaggio che continua a circolare anche a seguito di puntuali smentite diffuse in rete.

    Un po’ di chiarezza.

    ll DDL sulla “Buona Scuola” è già legge dal 2015. Contiene, al comma 16, l’obbligo per tutte le scuole di inserire nei Piani Triennali dell’Offerta Formativa attività legate alle questioni di “genere”, con tutti i rischi connessi al fatto che il concetto di genere – sostituito a quello di sesso – è spesso così strumentalizzato da risultare del tutto ideologico.

    Spesso come “stereotipi di genere” da decostruire si intendono anche l’eterosessualità e gli archetipi fondanti il maschile e il femminile, i quali per molti pedagogisti sono al contrario modelli funzionali indispensabili per i bambini. Molte associazioni LGBT parlano a scuola di identità di genere fluide e del tutto indipendenti dal sesso biologico maschile o femminile, quindi potenzialmente infinite.

    E’ vero anche che il DDL Fedeli n.1680 sull’ “Introduzione dell’educazione di genere e della prospettiva di genere nelle attività e nei materiali didattici delle scuole del sistema nazionale di istruzione e nelle università” è per ora f­ermo al Senato.

    In questi giorni però è veramente in discussione in Parlamento (l’esame è cominciato il 28 settembre scorso nella VII Commissione della Camera Cultura, Scienza e Istruzione) il DDL recante “Introduzione dell’educazione di genere nelle attività didattiche delle scuole del sistema nazionale di istruzione”. A questo link gli estremi dell’iter del provvedimento.

    Si tratta di un disegno finalizzato ad introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado il “Piano per l’Educazione Socio-affettiva e di Genere”, ovvero una strategia globale di attività, corsi e progetti trasversali alle diverse materie scolastiche per promuovere – testualmente – “cambiamenti nei modelli comportamentali, eliminazione di stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni e altre pratiche” in bambini e bambine, ragazzi e ragazze.

    La legge, di soli cinque articoli, recepisce 11 proposte quasi tutte provenienti da parlamentari di sinistra e contiene un’evidente impronta ideologica malgrado sia stata spogliata delle iniziative più controverse, come quella per l’istituzione di un’ora obbligatoria di lezione a settimana dedicata alla lotta contro i cosiddetti stereotipi di genere e all’educazione “socio affettiva”. Il riferimento è a uno dei ddl che hanno dato corpo dal testo, quello presentato dalla deputata di Sel, Celeste Costantino, denominato “Per 1 ora d’amore”.

    In pratica il testo unico non farebbe altro che sancire l’attuale situazione in cui molte scuole continuano a proporre materiale e attività che mirano a combattere le ingiuste discriminazioni ma con metodi spesso controversi che destrutturano i modelli sessuali di riferimento o finanche la stessa identità sessuata dei ragazzi.

    L’attuazione del Piano, mira infatti a impattare indiscriminatamente sui comportamenti e le rappresentazioni mentali dei figli degli italiani, senza indicare sulla base di quali valori di riferimento e quali basi scientifiche, e senza alcun coinvolgimento delle famiglie nella progettazione delle attività. Senza possibilità quindi per i genitori di esonerare i propri figli da percorsi che -seppur condivisibili nelle finalità- possono non esserlo per contenuti e metodologie; né per i docenti di rifiutare imposizioni metodogiche di tipo “statalista” in seno alla loro autonomia didattica.

    Molte associazioni di genitori sono attualmente impegnate a fare pressione sulla Commissione Cultura per impedire l’approvazione di una legge che spalancherebbe ancor più le porte delle scuole alle più ideologiche teorie sull’identità sessuale fluida e indefinita, e che metterebbe ancor più nell’angolo la libertà educativa della famiglia.

    E’ forse utile precisare in merito alle preoccupazioni dei genitori, che con il concetto di “questione gender”, in una approssimazione lessicale che talvolta  ha purtroppo favorito la confusione, non ci si riferisce all’ insieme degli studi di genere né alla semplice categoria di indagine “genere”; e neanche alla  semplice educazione alle pari opportunità o al contrasto delle ingiuste discriminazioni verso le persone omosessuale (temi  sempre condivisibili) ma all’introduzione nella scuola pubblica di approcci filosofici di parte e di pratiche collegabili alle teorie di genere più radicali, che impattano sul modi di vedere e interiorizzare i modelli maschili e femminili e di sviluppare la propria identità sessuale, senza tener conto non solo di tonnellate di letteratura scientifica ma anche della libertà di educazione dei genitori e degli insegnanti, e dei diritti dei più piccoli.

    Il messaggio che gira (ciclicamente) su whatsapp è quindi parzialmente sbagliato e confonde sicuramente le carte attualmente in tavola. Il sospetto anzi è che non ci si trovi di fronte ad errori di qualche “postatore” affrettato ma che si abbia a che fare con messaggi redatti ad arte da chi vuole far apparire chi dissente dal politically correct – e in particolare il nascente popolo del Family Day – come ignorante, incompetente e non credibile.

    Liquidarlo in toto come “bufala” –  come fanno i senatori PD – ci sembra quindi un modo maldestro per sminuire il problema della diffusione delle teorie di genere più radicali nella scuola pubblica e distrarre da reali e imminenti  provvedimenti critici  – come le attese linee guida  del comma 16 della Buona Scuola che verranno rese note  solo a giorni senza alcuna garanzia previa sui loro contenuti da parte del MIUR- o  possibili fughe in avanti della discussione di questi giorni alla Camera, il cui  termine per gli emendamenti è il 27 ottobre p.v..

    E’ evidentemente in atto il tentativo di inibire l’enorme sensibilizzazione ormai messa in moto nella società italiana a favore della libertà di educazione e di insegnamento e contro colonizzazioni ideologiche che minacciano la scuola pubblica, laica e pluralista, sfruttando temi educativi importantissimi ed urgenti per i nostri figli ed alunni.

    Riteniamo pertanto che una problematica così complessa e divisiva meriterebbe un approccio decisamente più analitico da parte di soggetti istituzionali, e che l’unica fake news in circolazione sul gender è allo stato attuale quella che considera tale la vera notizia del testo unificato in discussione alla camera. E del gender stesso che “non esiste”, ma per chi vuole vederlo, esiste eccome.

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